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Nuragus

nuragus

Nuragus è un comune di 971 abitanti della provincia di Cagliari, situato a 74km dal capoluogo. Il territorio del Comune di Nuragus misura circa 1900 ettari, compresi la Marmilla ad i rilievi collinari e montuosi di Laconi, Nurallao ed Isili. Per maggior parte pianeggiante, comprende anche una piccola porzione delle pendici orientali della Giara di Gesturi.
L'Economia di Nuragus è sempre stata prevalentemente agro – pastorale per la sua limitata estensione (1987 Ha). Probabilmente il numero limitato degli abitanti, che non è stato mai superiore a 1450, è dovuto al limitato territorio.Nonostante ciò i Nuraghesi hanno avuto un tenore di vita, per allora, tra i più alti della zona, grazie ai fertili terreni in cui si coltivava: grano, fave, orzo, avena, vite e , in estate, ortaggi.Nel 1900 Nuragus ha avuto anche una interessante attività agro - industriale con la nascita di un caseificio e un pastificio unico nella zona.
Le radicali trasformazioni economiche e sociali del secondo dopo guerra, hanno determinato una modifica sostanziale dell’economia tradizionale; diminuisce infatti la coltivazione dei prodotti agricoli tradizionali e s’impone l’allevamento ovino, che sino agli anni ’60 era marginale.I pastori generalmente avevano buona parte del gregge formato da animali affidati da piccoli proprietari che fornivano anche, specialmente in estate, i terreni per il pascolo dopo il raccolto, in cambio ricevevano il latte fresco e la provvista del formaggio e qualche agnello per le grandi feste.
Con la crisi dell’agricoltura la pastorizia diventa l’economia più importante di Nuragus e punto di riferimento degli allevamenti dell’Isola e dell’Italia, anche grazie al lavoro di selezione iniziato proprio a Nuragus dal dott. Felicino Medda e portato avanti dagli allevatori Nuraghesi, con molto impegno e imprenditoria.Ogni anno a fine Aprile si svolge una mostra – mercato della pecora di razza sarda da latte organizzata dalle associazioni di categoria, dall’APA e dall’amministrazione comunale, la mostra-mercato rappresenta per il settore un importante momento di confronto e di vendita in Sardegna e all’estero.Nel 2009, in collaborazione con l’Università di Sassari e grazie ad una borsa di studio finanziata dal Comune, è iniziato il progetto pilota “Nuragus” per l’implementazione su formato elettronico e localizzazione geografica di un database anagrafico comunale degli ovini ed è previsto per il 2010, la continuazione del progetto patrocinato dalla Regione e dalla Comunità Europea; con questo l’allevamento ovino di Nuragus si pone sicuramente al di sopra di qualunque altro allevamento.

Storia

È impresa ardua riuscire a conoscere l'epoca in cui ebbe origine il paese di Nuragus, questo a causa della mancanza di documenti. In assenza di prove certe occorre fare ricorso alla tradizione, sempre viva presso i nuraghesi, che vuole il paese formato dai superstiti della città romana di Valentia, capoluogo dei Valentini, ricordata nell'itinerario di Tolomeo, che, secondo alcuni scrittori, venne distrutta dai Vandali nell'VIII secolo. Più verosimile sembra l'ipotesi che in seguito alla distruzione di Valentia, si formarono tante piccole ville e tra queste quella di Nuragus, dove i superstiti si localizzarono nelle vicinanze del nuraghe Santu Stevuni, creando così il primo nucleo del paese, che mantiene ancora la denominazione di Su Pinnatzu. In seguito il paese si espanse e assorbì le popolazioni delle ville vicine che scomparvero. Queste ipotesi sono avvalorate dalle numerose rovine presenti nella campagna nuraghese, in particolare presso Coni, Ruinas, e Sant'Elia. Una testimonianza sulla vetustà del paese ci viene data da un decreto di Papa Onorio III (1216-1227) a mezzo del quale venivano concessi all' Arcivescovo di OristanoTorgotorioDemuro (1224-1253) dei privilegi per varie parrocchie, tra le quali quella di Nuragus con la chiesa di Santo Stefano (11 luglio 1224). Per quanto riguarda il nome "Nuragus" sembra plausibile l'ipotesi del Casalis che lo vuole ricavato dalla molteplicità di nuraghi esistenti nel territorio, trentotto in appena 1900 ettari.

Archeologia

Nonostante la contenuta estensione, l'agro di Nuragus, testimonia una ricchezza di reperti archeologi, primi tra essi i suoi molteplici nuraghi (circa 38).

Nuraghe Santu Millanu

Il nuraghe Santu Millanu è tuttora una presenza caratterizzante il paesaggio della campagna nuraghese, è situato nella zona di Coni, in un'area ricca di emergenze archeologiche. Deve il suo nome alla chiesetta che fino alla metà del XIX secolo era situata a pochi metri, intitolata appunto a Santu Millanu (San Gemiliano). Per le dimensioni e per lo stato di conservazione è senza dubbio il nuraghe più importante che si può trovare nelle campagne di Nuragus. Il nuraghe consta di una torre centrale (che conserva un buon elevato) e di un rifascio retto-curvilineo con quattro torri angolari, tutte ancora individuabili sul terreno. Attorno, ma principalmente lungo il lato meridionale, sono visibili tracce del villaggio di capanne nuragiche con sovrapposizione di ambienti di epoca romana. Molti materiali archeologici mobili risalgono infatti proprio a quest'ultima.

Nuraghe Valenza (De Bangius)

Il nuraghe Valenza è uno dei pochi esempi di esalobato individuati dagli studiosi ed anche se sembra più probabile l'ipotesi di un'interruzione della sua costruzione in corso d'opera, certo l'area è stata intensamente abitata dall'epoca nuragica a quella punica e romana, come i reperti archeologici abbondantissimi stanno a testimoniare.

Pozzo sacro nuragico di Coni

Monumento nuragico a carattere religioso di notevole importanza è il pozzo sacro di Coni, posto nell'ideale triangolo formato dai nuraghi Valenza e Santu Millanu. È un pozzo di piccole dimensioni, ma di fattura raffinata nel taglio e nella posa dei blocchi basaltici ben squadrati che formano la tholos ed i gradini. Al suo interno fu ritrovata una statuetta bronzea di figura femminile con gonna svasata, nota come "Matriarca in preghiera". All'esterno il lastricato reca evidenti tracce di restauri e integrazioni antiche. Riportiamo un passo della descrizione che Antonio Taramelli fece su questo monumento: "Anche alla fonte di Coni, dove sgorgava un tenue filo di acqua limpida, non priva forse di qualità o di attributi salutiferi, accorreva devotamente la gente del piano valentino, degli attigui altipiani, accolta all'ombra della bella mole nuragica di s. Millanu. Anche qui il sacerdote o la sacerdotessa , scendendo dalla stretta scaletta alla penombra misteriosa del pozzo, attingeva il liquido elemento, prezioso nel suo valore nutritivo e fecondatore, ma ancora più prezioso, come lo attestava la squisitezza del lavoro architettonico, per un valore soprannaturale, ad esso attribuito dalla mente dell'antico popolo, ancora immerso nell'immaginosa esplicazione delle forze e dei misteri della vita. Anche qui a questa fonte, sgorgante dalle viscere della terra ed investita, nella fantasia dei primitivi abitatori, di virtù emananti da potenze sotterranee soprannaturali, si saranno forse compiute quelle cerimonie di giudizi con la prova dell'acqua che, secondo l'attestazione degli scrittori di età romana, erano gli infallibili e sovrumani detentori di controversie supreme che in altro modo non potevano essere risolte."

Monumenti e luoghi d' interesse

Chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Maddalena

Costruita nel 1867 sullo stesso luogo dove sorgeva la vecchia chiesa romanica e terminata nel 1869, mentre il campanile viene edificato nel 1880-1881. Scrive L’arcivescovo Antonio Sotgiu nel libro dei Dec. del 23 giugno 1873 “visitata la Chiesa Parrocchiale, eretta sotto l’invocazione di Santo Stefano protomartire, e rifabbricata da pochi anni…”. Lo stesso arcivescovo sempre nel 1873 scriveva: “Visitata la chiesetta di S. Stefano ordiniamo che si ripari sollecitamente il tetto, che si tenga cura del cimitero che è attorno alla stessa Chiesa”.Nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena riposano i resti di due martiri provenienti dalla chiesa di San Giovanni: San Lucro e San Armedo. L’ultima ricognizione risale al luglio 1866 ad opera del vicario parrocchiale Dott. Gabrielle Devilla e dell’arcivescovo Paolo Serci Serra che mise i sigilli.Nella chiesa sono inoltre presenti tre altari lignei in stile barocco di scuola Napoletana, probabilmente costruiti a Cagliari. I manufatti sono di pregevole fattura, ma adattati con poca perizia; nel 1984 sono stati restaurati a cura del comune.Nella parrocchia sono utilizzati, ancora oggi strumenti liturgici del 700 di buon valore artistico, è inoltre di pregevole fattura la statua di S. Elia del sec. XVIII.Nel cortile esisteva un oratorio cappella, gestito dalla Confraternita del Rosario fondata il 5 marzo 1635 dal domenicano Thomas Pitzalis “commissario de sa Santa Crusada” in conformità alla bolla di Clemente VIII, nei documenti si legge “fundassion de la confradia y ermanada del santissimo rosario”. La Confraternita si scioglie nel seconda parte del secolo scorso (l’ultimo verbale risale al 1962).Nel 2007 muore l’ultimo confratello, sig. Giuseppe Atzori, e come consuetudine viene sepolto con la veste di confratello.Nel 1730 si hanno notizie anche della fondazione del Terzo Ordine, il cui fondatore fu probabilmente un frate del convento di Genoni.

Chiesa di Sant'Elia profeta

È in stile romanico-pisano del sec X – XI, a tre navate con archi a tutto sesto, copertura in coppo sorretto da capriate. La chiesa era lastricata e il presbiterio era in cotto di Nurallao, all’esterno campeggia il campanile a vela, comune nelle chiese campestri sarde.Dopo la seconda guerra mondiale ci sono stati interventi, talvolta maldestri, di modernizzazione, che hanno distrutto quel poco che era rimasto dell’edificio originale.Intorno alla chiesa sorgevano le loggette (ne rimangono alcune funzionanti). La chiesa è stata costruita probabilmente su un sito archeologico preesistente denominato “Ruinas”. Sull’altare si ammira il quadro di S. Elia, vestito da carmelitano con spada e libro, insieme ad un altro personaggio biblico; il quadro probabilmente risalente al 1754 è opera di un pittore non sardo, forse Casanova, che fu attivo in Sardegna in quegli anni.L’attuale quadro è copia dell’originale fatta dal pittore nuraghese Marcello Demara a cui si devono anche i quadri della chiesa parrocchiale di Nuragus.

Chiesa di San Gemiliano

Sorgeva non lontano dal Nuraghe probabilmente era già distrutta completamente dal 1800, infatti non ci sono osservazioni sulla chiesa nei Decreti Vescovili dell’epoca. Si ritrovano sue notizie nei documenti sino al 1606. Nel secolo scorso è stata rinvenuta parte di una campana della chiesa.

Chiesa di Santa Maria di Valenza

Esistono ancora i ruderi della chiesa ad una sola navata con abside in stile romanico che conservava delle pietre incise probabilmente in lingua greca. Intorno, come in tutte le chiese medioevali, si inumavano i defunti.

Chiesa di Santo Stefano

Si ergeva negli attuali giardini in località S. Stefano ed era la chiesa principale sino alla costruzione della vecchia chiesa parrocchiale. Intorno ad essa vi era il cimitero, funzionante sino al 1922 (anno in cui venne celebrata l’ultima Messa). La chiesa era formata da due navate con absidi, sorrette all’interno da colonnine a cono in trachite di Genoni.Nel 1224 la chiesa figura beneficiaria di privilegi concessi dal papa Onorio III.L’arcivescovo Antonio Sotgiu sempre 1873 scriveva: “Visitata la chiesetta di S. Stefano ordiniamo che si ripari sollecitamente il tetto, che si tenga cura del cimitero che è attorno alla stessa Chiesa”.

Chiesa di San Giovanni

Si trovava in località “sant’uanni” è stata smantellata nel 1790 perché ormai abbandonata e in parte distrutta.

Chiesa di San Sebastian

Non si ha memoria storica dove sorgesse nei decreti recenti non appare per cui si deve supporre che sia stata demolita già nel 1700, certamente sorgeva nell’omonimo vicinato, (con molta probabilità dov’è ora la casa parrocchiale), rimane la festa importante che si celebra a gennaio.Le Chiese campestri presenti in tutta la Sardegna edificate nel medio evo sotto una forte spinta religiosa iniziano a perdere la loro importanza intorno al sec. XIX, sino ad allora nelle vicinanze della chiesa soggiornava “l’hermitano”, uomo generalmente povero, spesso derelitto che viveva di elemosina e provvedeva alla custodia e alle piccole riparazioni del tempio. Nella Chiesa di S.Elia “l’hermitano”lo troviamo ancora nella metà del 1700 e cosa strana queste persone non erano originari di Nuragus ma provenivano dai paesi vicini.Molte Chiese vengono abbandonate dopo le leggi del 1866 (leggi Siccardi) anche la Chiesa di S.Elia, passata al demanio ebbe un periodo di gravi difficoltà, venne riacquistata nel 1917 essendo parroco il Vicario G. Deidda, ma tutte le proprietà vennero perse definitivamente.

Feste

  • Gennaio - Festa Sant'Antonio Abate. Festa San Sebastiano.
  • Aprile - Mostra - Mercato Ovini razza sarda
  • Aprile - Brobeis - Manifestazione musicale
  • Maggio - Festa Sant'Isidoro
  • 5-6-7 luglio Festa Sant'Elia Profeta.
  • 21-22 luglio Festa Santa Maria Maddalena.
  • Agosto - Totus Impari - Manifestazione per gli emigrati.

Scuole

  • Scuola materna (dell'infanzia) - Scuola elementare (primaria)
  • Scuola media (secondaria di I grado)
  • Sezione Associata

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